venerdì 5 aprile 2013

LIBRO 11

Eccoci... finisce la settimana e ieri sera raggomitolata sotto il piumone ho letteralmente divorato la fine del libro n° 10 il valzer lento delle tartarughe per me è andato decisamente veloce... e adesso sotto con il libro 11 cioè
l'ho già iniziato questa mattina sono 762 pagine in cui terminerà la storia di questa famiglia .. so già che mi mancheranno quei personaggi che mi hanno tenuto compagnia in pratica per un mese in treno all'andata e al ritorno dal lavoro hihh ecco la solita recensione rubata del libro N°10

Si possono fare abbassare gli occhi a chi ci ama, ma non si possono fare abbassare gli occhi a chi ci desidera”


La Trama: Sapere se davvero un coccodrillo dagli occhi gialli ha divorato oppure no suo marito Antonie, scomparso in Kenya, per Josephine non è più importante. Grazie ai soldi guadagnati con le vendite del suo best seller, ha lasciato Courbevoie, nella banlieue parigina, per un appartamento chic nell'elegante quartiere di Passy. Invece sua sorella Iris, che aveva tentato di attribuirsi la scrittura del romanzo, ha finito con il pagare la follia del proprio inganno in una clinica per malati di depressione. Ormai libera, sempre timida e insoddisfatta, attenta spettatrice della commedia strampalata e talvolta ostile che le offrono i suoi nuovi vicini, Josephine sembra alla ricerca del grande amore. Veglia sulla figlia minore Zoe, adolescente ribelle e tormentata, e assiste al successo dell'ambiziosa primogenita Hortense, che a Londra si lancia nella carriera di stilista. Fino al giorno in cui una serie di omicidi distrugge la serenità borghese del suo quartiere e lei stessa sfugge per poco a un'aggressione.

Il mio commento: Un libro “frizzante”, con un inaspettato finale, nel quale Josephine è regina indiscussa della scena, contorniata da tanti personaggi, ciascuno con una propria caratterizzazione: l’insensibile Iris – sua sorella, la terribile madre Henriette, l’amica Shirley con suo figlio Gary, le sue figlie Zoe e Hortense, i suoi falsi e veri amori – Luca e Philippe.
Rallegra, emoziona, intriga ed alla fine stupisce.


I personaggi

Joséphine

"Joséphine faceva affidamento sulla sua vita perché le inviasse degli indizi, delle idee, dei dettagli che avrebbe trasformato in storie. Era così che aveva scritto il suo primo libro. Tenendo gli occhi spalancati sul mondo. Ascoltando, osservando, annusando. E’ così che non si invecchia. Invecchiamo quando ci rinchiudiamo, ci rifiutiamo di vedere, di sentire, di respirare. La vita e la scrittura vanno spesso di pari passo."

"E che cosa si fa quando l’amore scava un buco nel cuore, un buco così grande che si direbbe uno scoppio di granata, talmente grande che ci si può vedere il cielo attraverso? Si chiedeva Joséphine recandosi all’appuntamento con Luca. Chi saprebbe dirmi che cosa sente per me? Io non oso dirgli che lo amo, ho paura che sia un’espressione troppo forte. So bene che dentro il mio dirgli che lo amo c’è la domanda se lui mi ama, che non oso pronunciare per paura di vederlo allontanarsi con le mani nelle tasche del montgomery. Una donna innamorata è per forza una donna inquieta, dolente? […] La mia sventura è che non so essere leggera in amore. Vorrei buttarmi al collo dell’uomo che amo, ma ho così paura di spaventarlo che porgo umilmente il viso perché vi imprima un bacio. Lo amo di nascosto. Quando alza gli occhi su di me, nell’istante in cui coglie il mio sguardo, mi sintonizzo all’unisono con il suo umore. Divento l’innamorata che lui vuole che io sia. Mi infiammo a distanza, ma appena si avvicina, mi controllo. […] Come si fa quando i sentimenti straripano? Se uno li esprime male ottiene l’effetto contrario, Quando uno deve offrire dei fiori, non li dà con la corolla in basso e lo stelo all’aria, se no chi li riceve vede solo spine e ci resta male. Io faccio così con i sentimenti, li offro a testa in giù."

"La strinse forte a sé, cercandole la bocca come se volesse morderla. Il bacio divenne brutale, imperioso, la spinse contro lo sportello rovente del forno, Jo fece per liberarsi, Philippe la placcò, le forzò la bocca, la frugò come se cercasse ancora un po’ di farcia, un po’ di quella farcia che Jo aveva impastato con le sue dita, come se le leccasse la punta delle dita mescolando la farcia, il gusto delle prugne che gli riempiva la bocca, salivava, Philippe, gemette Jo, oh Philippe! Gli si abbarbicò, affondò la bocca in quella di lui. Così tanto tempo, Jo, così tanto tempo… e si gettava sul grembiule bianco, lo sgualciva, lo tirava su, la spingeva contro lo sportello del forno, le penetrava la bocca, le entrava nel collo, scostava la camicetta bianca, le accarezzava la pelle calda, scendeva con le dita sui seni, appoggiava la bocca su ogni centimetro di pelle conquistato alla camicia, al grembiule, metteva fine a giorni e giorni di quella tortura chiamata attesa. […] Era dunque questo un bacio?Era come nei libri, quando la terra si apre in due, e le montagne franano, e si firma per morire con il fiore sulle labbra, quella forza che la alzava da terra e le faceva dimenticare sua sorella, le sue due figlie nel salone, il vagabondo con il volto sfregiato sul metro, lo sguardo triste di Luca, per scaraventarla tra le braccia di un uomo.[…] “Io sono ricca di dieci minuti e mezzo di grande, grandissima felicità. Rivedrò il film di questo bacio, e mi basterà. Schiaccerò play, stop, riavvolgerò la pellicola, bacio al rallentatore, stop, riavvolgere, bacio al rallentatore…”.

“C’era un fervore religioso nella sua maniera di abbandonarsi all’amore. Come se lottasse perché nel bel mezzo delle macerie del mondo, restasse quella luce tra due corpi che fanno l’amore e si amano davvero, non scimmiottano gesti e posizioni. Una scintilla che scocca e trasforma un semplice sfregamento di pelle in un braciere ardente. Quella sete di assoluto avrebbe potuto spaventarlo, ma Philippe non chiedeva altro che dissetarsi alla sua fonte. L’avvenire ha un gusto di labbra di donna. Sono loro le conquistatrici, sono loro che spostano le frontiere. Noi siamo effimeri efebi, infiltrati nelle loro vite come comparse, ma il ruolo principale spetta a loro. Mi va bene così, si disse Philippe respirando il profumo di Joséphine, voglio imparare ad amare come lei. In passato ho amato un bel libro di figure. Ho fame di altre letture. Amare come si parte all’avventura. Ogni uomo che crede di sapere che cosa succede nella mente di una donna è un pazzo e un ignorante. O un pretenzioso. Non avrebbe mai creduto che sarebbe venuta a cercarlo nel de hors di un pub inglese. E invece… Gli si era piazzata davanti. Voleva sapere. Le donne vogliono sempre sapere.”

“Sono così felice , vorrei prendere un gabbiano, sussurrargli il mio segreto all’orecchio, e che lui lo porti in volo fin su nel cielo”

“Dovrebbe essere sempre così quando si ama. Senza condizioni. Senza giudizi. Senza stabilire criteri, preferenze. Non ero abbastanza, non è così? Non sono mai abbastanza. Mai abbastanza mai mai… Questa cosa ha rovinato la mia infanzia, rovina la mia vita di donna e si accinge a sabotare il mio amore.. […] Non si guarisce dall’avere una madre che non ti ama. Scava un gran vuoto nel cuore e ce ne vuole di amore, per riempirlo! Non se ne ha mai abbastanza, si dubita sempre di sé, ci si dice che non meritiamo amore, che non valiamo uno zero spaccato.

Iris

"No, si disse, sentendosi aggredire dal sonno nel pieno del lavorio per trovare una soluzione, mi ci vuole subito, un marito nuovo. Più ricco, più forte, più importante di Philippe. Un marito immenso. Che mi meravigli, mi soggioghi, davanti al quale io mi inginocchi come una ragazzina. Che prenda la mia vita per mano, che mi rimetta nel flusso del mondo. Che abbia soldi, relazioni, cene importanti. Sono ancora bella. Appena uscirò di qui, ridiventerò la bella e magnifica Iris."

“Ho paura Jo, sapessi che paura che ho… […] Il denaro non mi ha mai resa felice. E’ strano, se ci pensi. Tutti si danno da fare per avere sempre più soldi e non è che così il mondo sia migliore o che la gente stia meglio. Li vedi fischiettare per strada, tu? No. Con il denaro, non si è mai soddisfatti. Si trova sempre che c’è qualcun altro che ne ha più di noi. Forse hai ragione tu, e c’è solo l’amore che può davvero dare una sensazione di pienezza. Ma come si impara ad amare? Lo sai, tu? Tutti quanti ne parlano, ma nessuno nemmeno sa cos’è. Tu ripeti di continuo che bisogna amare, amare, ma dove si impara? Spiegamelo!” “Dimenticandosi di sé” mormorò Joséphine.

“Cosa m’importa? Quest’uomo mi insegna l’amore. Mi addestra da lontano. Un brivido di piacere le crepitò tra le gambe e si raggomitolò perché continuasse a bruciarle nel ventre. E così, è questo l’amore? Questa folgorante ferita che fa venire voglia di morire… Questa attesa deliziosa in cui non sappiamo più chi siamo e porgiamo la nuca docili, per farci passare le redini, bendare gli occhi, condurre al palo dell’abnegazione. Andrò fino all’estremo con lui. Gli chiederò perdono per averlo insultato. Tentava di farmi inerpicare lungo il cammino dell’amore, e io pestavo i piedi come una bambina viziata. Reclamavo un giuramento, un bacio, mentre lui mi faceva entrare in un recinto sacro. Non avevo capito niente.”

“O, voi , stelle erranti, pensieri incostanti, vi scongiuro, andate via, lasciatemi parlare al beneamato, lasciatemi il giovamento della sua presenza! Tu sei la mia gioia, tu sei la mia felicità, tu sei la mia allegria, tu sei il mio buongiorno. Tu sei mio, io sono tuo e per sempre sarà così! Dimmi, mio beneamato, perché hai lasciato che la mia anima ti cercasse così a lungo, così ardentemente, senza poterti trovare? Io ti ho cercato attraverso le notti di voluttà di questo mondo. Ho attraversato i monti e i campi, insensato come un cavallo senza briglie, ma infine ti ho trovato e riposo, felice, in pace, leggero sul tuo seno – Enrico Suso, 1300-1366”.

Hortense

"L’emozione era un lusso che lei non poteva permettersi. Ogni volta che era sul punto di soccombere, bloccava tutto. Clic, clac, chiudeva l’accesso alle orecchie. Così continuava ad essere d’aiuto a se stessa. Restava la sua migliore amica. E’ il problema con le emozioni. Ti sabotano. Ti riducono in mille pezzi. Ti innamori, e di colpo ti ritrovi troppo grassa, troppo magra, con i seni troppo piccoli, troppo abbondanti, troppo alta, troppo bassa, col naso troppo grande, con la bocca troppo sottile, i denti gialli, i capelli unti, stupida, appiccicaticcia, insulsa, una che parla troppo, una che ride male, una muta. Non sei più la tua migliore amica. […] Allora aveva imparato. A bloccare la sudorazione, a bloccare le lacrime, a bloccare il quadretto di cioccolata che l’avrebbe fatta ingrassare di un grammo, a bloccare la ghiandola sebacea che si sarebbe trasformata in brufolo, la caramella che sarebbe diventata carie. Bloccava tutti gli accessi dell’emozione. La ragazza che voleva diventare la sua amica, il ragazzo che la riaccompagnava e cercava di baciarla. Non voleva correre alcun rischio. Ogni volta che rischiava di lasciarsi andare, pensava alla fronte madida di sudore di suo padre che grondava sudore, e l’emozione si fermava di colpo. Quindi guai a chi le diceva che somigliava a sua madre! Era come rimettere in discussione il lavoro di tutta la sua vita.”

“Non sono mica fatta d’acciaio, sono una persona con delle emozioni, dei sentimenti, si disse, con lo stupore serio di chi si è sempre creduto invincibile e si scopre all’improvviso una falla nell’armatura. Mi concedo dieci minuti di tregua e poi impugno di nuovo le armi. Era sempre d’accordo con se stessa per affermare che le emozioni nuocevano gravemente alla salute”.

Shirley e Gary

"- Le donne sono così pragmatiche! Pensate ai particolari, avanzate mute con una logica implacabile, vi organizzate la vita. Perché incontro solo delle ragazze che sanno esattamente dove vogliono andare, cosa vogliono fare, come lo faranno… fare, fare, fare! Hanno solo questa parola in bocca!
- Forse è perché siamo immerse nella materia tutto il tempo. Impastiamo, laviamo, stiriamo, cuciamo, cuciniamo, puliamo o ci difendiamo dalle mani morte degli uomini! Non sogniamo, in effetti!
- Anche noi, facciamo…
- Non allo stesso modo! A quattordici anni noi abbiamo le mestruazioni e non abbiamo scelta. Dobbiamo farci i conti. A diciotto anni capiamo ben presto che dovremo lottare due volte più di un uomo, lavorare il doppio, se vogliamo esistere. In seguito facciamo dei bambini, li portiamo in grembo per nove mesi, ci danno il mal di mare, scalciano, ci lacerano venendo al mondo, ancora altri dettagli pratici! Poi bisogna lavarli, nutrirli, vestirli, pesarli, mettergli la crema sul culetto. FACCIAMO senza farci domande, e per di più facciamo anche il resto. Ore di lavoro di giorno, danza del ventre per l’Uomo, la sera. Siamo continuamente impegnate a FARE, sono rare le ragazze che vivono tra le nuvole, con il naso per aria! Voi fate una cosa sola: fate gli uomini! Il manuale di istruzioni è scritto da secoli nel vostro patrimonio genetico, lo fate senza sforzo. Noi dobbiamo lottare di continuo… finiamo per diventare pragmatiche, come dici tu!"
"Shirley non era a suo agio quando si trattava della vita sentimentale di suo figlio. Quand’era bambino parlavano di tutto. Delle ragazze, dei Tampax, del desiderio, dell’amore, della barba che spunta, dei capolavori della letteratura e dei libri da due soldi, dei film che avevano visto al rallentatore e dei film-spazzatura, dei dischi da ballare e dei dischi per rilassarsi, delle ricette di cucina, dell’età del vino, della vita dopo la morte e del ruolo del padre nella vita di un ragazzo che non aveva conosciuto il proprio padre. Erano cresciuti insieme, mano nella mano, avevano condiviso un segreto pesante, affrontato pericoli e minacce, senza mai perdere la solidarietà. Ma ora… Era un uomo con dei peli dappertutto, due braccioni, due piedoni, un vocione. Era quasi intimidita. Non osava più fare domande. Preferiva quando parlava di sé senza che lei dovesse chiedergli nulla."

Nessun commento:

Posta un commento

passate e lasciate il vostro filo